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I fatti salienti e la cronologia

NASCE LA RESISTENZA  (Settembre - Ottobre 1943)

Sotto la guida del Maggiore degli Alpini Luigi Milano, il 9 settembre si raccolgono nella vallata i primi gruppi partigiani. Affluiscono, fra gli altri, Franco e Giulio Nicoletta, Eugenio Fassino, Sandro Magnone, Paolo Morena, Francesco Caparello, i giovani ufficiali Cantelli e Bertolani, ed ex prigionieri alleati (sovietici e inglesi). Inizia un’attiva partecipazione dei civili alla costruzione della Resistenza locale. Per Coazze la figura preminente è quella di Enrico Valobra, industriale torinese del settore dell’abbigliamento di religione ebraica, sfollato con la famiglia a Coazze. Per Giaveno il notaio Guido Teppati. Anche il clero locale fornisce un valido contributo. Il 23 settembre i tedeschi effettuano il primo rastrellamento, nei venti mesi successivi ne effettueranno 27. Le prime vittime degli attacchi tedeschi sono il pittore giavenese Maurizio Guglielmino, ucciso nella sua casa di villeggiatura al Colletto del Forno, e una giovane valligiana sordomuta, Avellina Ostorero (detta Evelina), che non si era fermata all'intimazione di alt di una pattuglia. Questi primi episodi di barbarie suscitano nella popolazione una ondata di sdegno e consolidano i sentimenti di solidarietà verso i partigiani, anche perché la guerra, prima percepita come un fatto grave ma lontano, diventa ora una realtà vicina e minacciosa. Le prime bande partigiane si dispongono al Ciargiur (Maggiore Milano), alla Dogheria (Cantelli - Bertolani), al Palè ( Nicoletta - Fassino). La cattura del Maggiore Luigi Milano (22 ottobre) non interrompe i riusciti attacchi ai presidi e depositi tedeschi.

LA RIORGANIZZAZIONE DELLE BANDE   (Novembre - Dicembre 1943)

Arriva, inviato dal CLN, un nuovo comandante, il maggiore Torchio (che prende il nome di battaglia di "Verde") ma i partigiani, uniti in un solo gruppo guidato da Giulio Nicoletta, si sono trasferiti in Valle di Susa per sfuggire al rastrellamento del 13 novembre 1943. Dopo alcune settimane, rientrano in valle e a Ca' Tessa si dividono in quattro gruppi. Tre giovani ufficiali degli Alpini, che erano stati chiamati dal maggiore Milano, loro comandante nell’esercito regolare, assumono il comando di tre gruppi, il quarto resta a Nicoletta. Nascono le bande "Sergio" (De Vitis), "Nino" (Criscuolo) , "Carlo" (Asteggiano) e "Nicoletta". Si estende nella valle l'influenza delle bande, sorrette da gruppi di Resistenza civile. Il podestà di Giaveno, Giuseppe Zanolli, svolge un ruolo di mediazione volto a tutelare la popolazione. 

 

 

L'INVERNO IN MONTAGNA   (Gennaio - Febbraio 1944)

La vallata è ormai sotto il controllo delle forze partigiane, dopo l'eliminazione di gruppi di rapinatori (che talvolta si autodefinivano partigiani) e di squadristi fascisti.

I partigiani, a cui si è nel frattempo aggregato Guido Quazza, studente universitario e futuro storico, si dislocano sulle montagne di Cumiana (Moncalarda, Verna e Morelli) ed iniziano operazioni anche nella pianura del pinerolese.

 

 

GLI SCIOPERI DI MARZO  (Marzo 1944)

Ingrossate dall'afflusso dei renitenti alla leva fascista, le bande raggiungono la consistenza di alcune centinaia di uomini ed includono gruppi di ex prigionieri di varie nazionalità: sovietici, polacchi, cecoslovacchi nonché qualche angloamericano. Pur nell’ambito ristretto della val Sangone, si tratta di un esempio significativo di unità sovranazionale della Resistenza. Il maggiore Torchio viene sostituito dal tenente di vascello Paventi ("Argo") nel comando ufficiale delle formazioni della valle. Ma va detto che questi graduati, che pur tengono i rapporti con il CLN di Torino, non esercitano un comando effettivo. I partigiani scelgono sul campo, e in modo autonomo, i loro comandanti, praticando una sorta di democrazia diretta. I problemi organizzativi, di alimentazione, di equipaggiamento ed armamento diventano sempre più gravi ed impongono soluzioni drastiche.  L'appoggio agli scioperi del marzo 1944 da parte delle formazioni della Val Sangone è rilevante.

 

 

I MORTI DI CUMIANA   (Aprile 1944)

Vengono intensificate e diventano sempre più efficaci le azioni di guerriglia in pianura con colpi di mano, imboscate e prelievi di materiale nemico. Fra le ritorsioni la più inumana è l'Eccidio di Cumiana del 3 aprile. I tedeschi, con l'aiuto di militi repubblicani, assassinano 50 civili ed un partigiano, pochi minuti prima dell'arrivo del comandante partigiano Giulio Nicoletta, da loro stessi invitato per effettuare uno scambio di prigionieri. Lo scambio avviene purtroppo soltanto con gli ostaggi superstiti.

 

 

IL MAGGIO DI SANGUE   (Maggio 1944) 

È il mese delle più gravi perdite subite dalla Resistenza militare e civile in Val Sangone. Il rastrellamento del 10 maggio 1944 ha proporzioni mai viste in precedenza, le truppe nazifasciste del generale Hansen attaccano in forze dalle valli di Susa, del Chisone e dal fondovalle.

Gli scontri più duri avvengono sotto il colle della Roussa (alpeggio Sellery e villa Sertorio), al Colle Bione, nell'alta valle dell'Indiritto, ed al Pontetto. Alla fine dei nove giorni di battaglia, e nel prosieguo dell'ultima decade di maggio, si contano quasi un centinaio di caduti partigiani - in combattimento o per fucilazione - come quelli (31, anche se il numero è ancora discusso) nascosti in una fossa comune a Forno di Coazze, o quelli prelevati dalle Carceri Nuove di Torino (provenienti da rastrellamenti anche in Valle Chisone e nel Canavese) e fucilati alla Bonaria (11), a Valgioie (10), a Giaveno (10), e a Coazze (10). I nazifascisti si abbandonano a violenze inenarrabili, culminate nel cannoneggiamento delle borgate San Pietro e Selvaggio. Negli stessi giorni vengono uccisi anche 18 civili.

 

 

CADE DE VITIS, NASCE LA DIVISIONE AUTONOMA   (Giugno 1944)

 La crisi delle formazioni viene superata in breve tempo. A Coazze, il 12 giugno, Giulio Nicoletta viene eletto comandante della "Brigata Autonoma Val Sangone", che raggruppa le formazioni della valle, ed affluiscono nuove leve che rifiutano l'arruolamento nella Guardia Nazionale Repubblicana. Riprende l'iniziativa partigiana nella pianura in concomitanza delle grandi vittorie militari alleate: liberazione di Roma e sbarco in Normandia.

Le formazioni della Val Sangone, nel quadro dell'offensiva coordinata del 26 giugno 1944 (iniziata con l'attacco notturno a Rivoli ed a Bussoleno) con le formazioni della Valle di Susa, attaccano la polveriera di Sangano ed i presidi di Avigliana. Il comandante De Vitis, dopo la conquista della polveriera e la cattura dell'intero presidio, sostiene il contrattacco tedesco, e, con un nucleo di coraggiosi, cade per consentire la ritirata della sua formazione. Il suo posto di comando verrà preso da Giuseppe Falzone. I prigionieri di Sangano vengono scambiati a San Bernardino con 50 ostaggi, presi dai tedeschi col rastrellamento di Trana, e con tre partigiani, fra cui Eugenio Fassino, catturato e gravemente ferito ad Avigliana. 

 

 

LA LUNGA ESTATE PARTIGIANA   (Luglio - Settembre 1944) 

Le azioni di guerriglia (colpi, le imboscate, i sabotaggi e controsabotaggi) diventano numerosissime. Gli effettivi delle bande superano il migliaio, l'organizzazione diventa eccezionalmente efficiente, tutta la vallata è di fatto sotto il controllo partigiano e i collegamenti con le altre formazioni e con il Comando Regionale si fanno ampi ed intensi. La popolazione ed il clero locale partecipano con entusiasmo all'opera delle bande. La vicinanza alle grandi strade di comunicazione con la Francia e al grande centro strategico di Torino permette di operare con notevole efficacia bellica sul sistema militare nemico e di compiere anche audaci spedizioni contro le caserme torinesi, alla FIAT, negli stabilimenti, depositi e presidi della "cintura", di catturare gerarchi fascisti e altri ufficiali tedeschi, di proporre scambi di prigionieri, di risolvere, insieme col CLN, e con l'ausilio di gruppi di donne guidate da Mimì Teppati, svariati problemi amministrativi e logistici della popolazione.

Numerose sono tuttavia anche le puntate nemiche, in una delle quali, tra il 16 ed il 17 agosto avviene la cattura del marchese Felice Cordero di Pamparato ("Campana") impiccato a Giaveno con tre compagni. A comandare la Brigata Campana viene chiamato il professor Guido Usseglio, medico primario presso l’ospedale "San Giovanni" di Torino. Nella zona di Cumiana si dislocano a fine agosto anche gruppi di partigiani della Valle Chisone che, assieme a lusinghieri successi, registreranno purtroppo pesanti perdite fino alla liberazione. Nel pomeriggio del 28 agosto dodici apparecchi alleati bombardano lo Jutificio De Fernex, provocando gravi danni allo stabilimento, ma nessuna vittima. Nella vallata, presso il comando di divisione, si trova ospite la missione alleata "Zur" (guidata dal capitano O'Regan) ed il comando della IV Zona Piemonte (Pellice, Chisone, Susa e Sangone). Presso la "Campana" è ospite la missione alleata "Silvio" (Segre), un'altra missione alleata, "Ferret", si occupa dell'assistenza agli ex prigionieri inglesi. L'influenza e l'iniziativa delle formazioni della Val Sangone si estendono su tutta la pianura da Airasca lungo il Sangone, fino a Torino e persino all'interno dello stesso capoluogo.

IL TRAGICO AUTUNNO    (Ottobre - Dicembre 1944)

I nazifascisti hanno iniziato una serie di grandi rastrellamenti su tutta la fascia alpina piemontese occidentale per liberarsi le spalle del fronte francese. Le formazioni della Val Sangone hanno  scontri con colonne e reparti nazifascisti in movimento. A Sangano viene catturato un intero reparto fascista i cui feriti vengono fatti curare nell'ospedale di Giaveno. A Trana viene distrutta una colonna tedesca di salmerie.

Gli scontri, dovuti alla vasta operazione di rastrellamento del 27 novembre, sono gestiti con notevole abilità di manovra dalle formazioni partigiane e causano perdite non gravi. Purtroppo il lancio massiccio di armi destinato a tutta la IV Zona Piemonte, concordato sulla zona della Maddalena in situazione di calma e non di rastrellamento, viene effettuato all'improvviso, mentre i nazifascisti sono ancora a Giaveno. Il loro arrivo in zona è immediato e rafforzato con una mobilitazione imponente di carri armati e artiglierie. I nazifascisti decidono di mettere presidi permanenti in molte delle cittadine e borgate della valle ed iniziano uno stillicidio di azioni terroristiche contro civili e partigiani catturati. In valle restano due brigate di appoggio ("Magnone" e "Campana") con cecoslovacchi e sovietici; tutte le altre formazioni si dislocano in pianura dove continuano a riorganizzarsi.

 

 

PRIMAVERA DI LIBERAZIONE  (Gennaio - Maggio 1945)

Le formazioni partigiane della Val Sangone estendono la loro influenza sulla popolazione con la quale vivono in simbiosi sia in montagna, sia in pianura. Realizzano 4 lanci nella pianura di None (zona Pipine) per tutta la IV Zona Piemonte ed hanno occasione di assistere per oltre un mese e portare in zona di imbarco aereo dieci aviatori americani atterrati con l'aereo in panne ad Airasca. Si infittiscono i rapporti con le rappresentanze politiche delle città della zona, e si accentuano le differenze tra le diverse formazioni. La "Campana" si scinde ed una parte, al comando del professor Usseglio, diventa una formazione GL, la "Carlo Carli" (garibaldina) è parte delle formazioni unificate della Val Sangone. Tutte insieme riconoscono l'unità del Comando di Valle, anche se nella fase finale, che culmina nella liberazione di Torino, la "Divisione GL Campana" opererà autonomamente con obiettivo il centro di Torino (la Casa Littoria di via Carlo Alberto, da loro subito intitolata Palazzo Campana in onore del Marchese di Pamparato) e la Brigata "Carlo Carli" opererà inquadrata nella 46ª Divisione Garibaldi della Valle di Susa con obiettivo la zona Rivoli - Aeronautica. I collegamenti sono tenuti con grande attenzione e meticolosità dai comandi delle nove unità in cui si articola ora il partigianato della Val Sangone.

Il 25 aprile, nel quadro delle operazioni disposte dal Comando IV Zona Piemonte, la Val Sangone partecipa, con mille partigiani, alla liberazione di Torino. Superata la linea delle colonne tedesche, che dal sud del Piemonte risalgono verso la zona ad est di Torino, la Val Sangone entra in Torino nella zona Mirafiori Lingotto. A Santa Rita la "Sandro Magnone" si scontra con una formazione corazzata e subisce 5 morti e vari feriti, ma rimane padrona del terreno. Nella notte il presidio nemico si ritira verso Milano e Torino è libera, anche se permangono sacche di resistenza fascista. La Val Sangone viene schierata a difesa delle porte di Torino da Moncalieri a Beinasco, per impedire l'attraversamento di Torino alle truppe del generale Schlemmer, che riversano la loro rabbia sugli inermi abitanti di Grugliasco e Collegno, con l'eccidio di 66 civili. Dopo venti mesi di dura, cruenta guerra le formazioni partigiane consegnano tutti i poteri militari e civili al CLN di Giaveno. In tutta Italia del nord crolla l'esercito nazifascista. È la fine della guerra civile e l’inizio della democrazia in Italia.

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